Quando il dr Earl Radmacher veniva invitato a parlare in qualche chiesa, aveva sempre l’abitudine di cominciare con questa preghiera:
“Padre, ti prego che durante la predicazione sia io che le persone presenti vengano salvate. Amen”
Non solo pronunciava queste parole mentre pregava, ma teneva anche gli occhi aperti per osservare la reazione dei presenti. Così, avrebbe potuto cogliere ogni segno di imbarazzo: “Cosa?! Abbiamo invitato un predicatore che non sa di essere salvato?”
Ovviamente con quella preghiera non intendeva dire che non avessero la vita eterna. Ma amava pregare cosi in modo che i presenti (e lui) potessero essere salvati da qualche pensiero errato su Dio o da qualche malinteso sulla Scrittura. Perché Radmacher sapeva che la parola “salvare” nella Bibbia il più delle volte non ha nulla a che fare con il ricevere la vita eterna.
La parola più fraintesa della Bibbia
Come per l’uditorio del dr Radmacher anche a noi capita, quando leggiamo il termine salvato di pensare subito ai seguenti concetti: ottenere il perdono dei peccati, scappare dall’inferno per andare in paradiso e ricevere la vita eterna.
Il problema però è che questa parola non significa quello che pensiamo.
Quando la Bibbia usa il termine “salvato o salvezza” si riferisce quasi sempre ad una salvezza fisica e temporale. Ad esempio, se vai nell’ antico testamento noterai come Dio si compiaceva di salvare il suo popolo Israele da nemici, malattie, schiavitù e morte (Deut.33:28) cosa che ha continuato a fare nel nuovo testamento con le tante persone che incontrarono suo figlio Gesù come i discepoli quando furono salvati dall’annegare durante una tempesta (Mt 8:25), la donna dal flusso il sangue, il lebbroso, il cieco (Mr 10:52, Lc 17:19, Mr 5:34) che furono salvati dalle loro malattie.
Certamente in senso lato questo termine può essere applicato anche alla vita eterna ma la verità coerente con le Scritture è che questo termine si riferisce quasi sempre alla liberazione dalle conseguenze devastanti e distruttive del peccato in questa vita. Non ha caso infatti, la parola “salvato” in greco sotéria e in ebraico Yeshua significano liberazione .
Capire questo ci aiuterà a rivalutare quanto Gesù (Yeshua) non solo abbia il potere di salvare l’uomo dall’inferno ma da tante altre cose cattive come dalla malattia, dalla depressione, da problemi economici, da dipendenze, peccato, morti premature e cosi via, perché il Vangelo, dirà Paolo è la potenza di Dio per salvezza di chiunque crede.
Cosa devo fare per essere salvato?
Detto questo voglio farti vedere come la parola “salvato”, se letta alla luce del contesto ( in futuro vedremo altri brani) evidenzi come il vangelo abbia il potere di liberarci dalle circostanze che spesso incontriamo. E desidero farlo con la storia del carceriere di Filippi quando fece questa domanda:
Signori, cosa devo fare per essere salvato? (Atti 16:30)
Vediamo brevemente il contesto.
Paolo e Sila salpano da Troas per dirigersi a Filippi dove per diversi giorni annunciano il vangelo per le strade della citta. Succede però che una donna posseduta da uno spirito di divinazione comincia a seguirli gridandogli dietro la frase: «Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunziano la via della salvezza» (Atti 16:17)
La cosa andò avanti per diversi giorni fino a quando Paolo, stufo della situazione scacciò lo spirito dalla donna ma siccome era la fonte di guadagno per alcuni uomini che la sfruttavano a motivo del suo “dono” di prevedere il futuro, i due vennero denunciati alle autorità:
19 I suoi padroni, vedendo che la speranza del loro guadagno era svanita, presero Paolo e Sila e li trascinarono sulla piazza davanti alle autorità; 23 E, dopo aver dato loro molte vergate, li cacciarono in prigione, comandando al carceriere di sorvegliarli attentamente. (Atti 16:19-24)
Ed è proprio in questo momento della storia che il carceriere fa quella domanda:
26 Improvvisamente si fece un gran terremoto, tanto che le fondamenta della prigione furono scosse: e in quell’istante tutte le porte si aprirono e le catene di tutti si sciolsero27 Il carceriere si svegliò… e chiesto un lume, balzò dentro e, tutto tremante, si gettò ai piedi di Paolo e di Sila e disse: «Signori, che debbo fare per essere salvato?» (Atti 16:27-30)
Da un lato, sembra che il carceriere si sia chiesto cosa dovesse fare per ricevere la vita eterna. Ma francamente non credo che quella fosse la domanda principale nella sua mente. Perché devi sapere che a quel tempo se ad un carceriere scappavano i prigionieri la pena alla quale andava in contro era la tortura e la morte. Inoltre il carceriere era un uomo greco/romano che non viveva in una nazione cristiana, non aveva la Bibbia e l’unica cosa alla quale pensava in quel momento era come poter salvarsi la pellaccia.
In realtà quando fa quella domanda sta chiedendo: ragazzi cosa devo fare per essere liberato dalla punizione che mi aspetta da parte dei miei superiori dato che le porte della prigioni sono aperte e voi siete senza catene?
31 Ed essi risposero: «Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato tu e la tua famiglia». (Atti 16:31)
Ok Eze, ti posso concedere il fatto che il carcerarie non stava pensando alla vita eterna quando fece quella domanda però la risposta di Paolo e Sila è un chiaro riferimento ad essa.
Non del tutto!
Nel dargli quella risposta non gli stavano solo dicendo che se avesse creduto in Gesù sarebbe stato salvato dall’inferno ma che avrebbe potuto sperimentare in quel preciso momento la salvezza (sia lui che la sua famiglia) dalla punizione dei suoi superiori.
Perché dico questo?
Le autorità del tempo assegnavano ai carcerieri delle abitazioni, che solitamente erano annesse alla prigione nella quale vivevano con i propri familiari. Ora, se il carceriere fosse stato punito, tutta la famiglia ne avrebbe pagato le conseguenze perché non solo ne avrebbero pianto la morte ma anche tutto quello che avrebbe portato con sé, ovvero il non avere più un tetto sotto cui vivere ed un sostentamento.
Quindi quando Paolo e Sila dicono, sarai salvato tu e la tua famiglia, stanno dicendo che nel momento in cui avrebbe creduto, la potenza del vangelo avrebbe liberato lui e di conseguenza la sua famiglia.
Infatti guarda cosa è successo:
32 Poi annunciarono la Parola del Signore a lui e a tutti quelli che erano in casa sua. 33 Ed egli li prese con sé in quella stessa ora della notte, lavò le loro piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi. 34 Poi li fece salire in casa sua, apparecchiò loro la tavola, e si rallegrava con tutta la sua famiglia, perché aveva creduto in Dio. (Atti 16:32-34)
L’aver creduto al vangelo gli permise di rimettere i ceppi a tutti i prigionieri, richiudere le celle, curare le ferite di Paolo e Sila, farli salire in casa per dargli da mangiare SENZA CHE NESSUNO dei prigionieri si opponesse o scappasse (considera che in quella prigione c’erano anche persone spregiudicate).
Una potente domanda
Se fossimo stati al posto di Paolo e Sila avremmo dato la stessa risposta? Non credo! Molti di noi gli avrebbero consigliato di prendere le sue cose e scappare, sai perché? Perché abbiamo relegato Gesù e le sue promesse contenute nel vangelo solo al futuro, quando invece Gesù è la migliore risposta che possiamo dare a noi e agli altri quando siamo nella prova. Dunque è possibile credere in Gesù per la vita eterna ma non essere comunque salvati dai problemi che spesso incontriamo.
Amico, non so quello che oggi ti affligge ma la domanda che il carceriere si fece è la migliore che puoi farti, Che cosa devo fare per essere salvato da questa situazione? E se permetterai allo Spirito Santo di parlarti sentirai la sua dolce voce dirti la stessa cosa di Paolo e Sila, credi nel Signore Gesù e sarai salvato, liberato, guarito, protetto tu e la tua famiglia.