Tornare ad essere bambini

Di recente ho compiuto 40 anni.

Ricordo ancora quando, 35 anni fa, mi trovavo seduto sul retro della macchina di mio padre che ritornando da scuola mi faceva gli auguri per i mei 5 anni. Stentavo a crederci, non mi sembrava vero di aver già cosi tanti anni.

Ora che il numero è 40, cosa dovrei dire?!? beh, che il tempo è volato

Nei giorni precedenti il mio compleanno ho cercato di fare un resoconto della mia vita di quello che avrei potuto fare meglio, di scelte che avrei potuto gestire diversamente, di quanto ho realizzato e quanto non ho realizzato…perché sai, i 40 sono un momento culminante della vita dove si ha una più profonda consapevolezza di se stessi. Ma fra tutti questi pensieri mi sono tornate alla mente le parole di Gesù: «In verità vi dico: se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.» (Mt 18,3).

Torna ad essere bambino

Tornare ad essere bambini a 40 mi rendo conto che fisiologicamente sia un po’ difficile. Gli impegni, il lavoro, la famiglia, le esperienze ci portano a maturare giorno dopo giorno. Ma l’invito che Gesù continua a farci ad ogni nostro compleanno è quello di tornare ad essere bambini, perché è di loro il regno.

Ora, cosa intendeva Gesù quando disse che dobbiamo diventare come un bambino per entrare nel regno?

Secondo alcuni, dovremmo tornare ad essere privi di ambizioni, onesti, senza astuzia, umili o semplici come lo sono i bambini. E certamente queste sono ottime interpretazioni, ma non credo che Gesù volesse comunicarci questo.

Diamo un’occhiata al versetto nel suo contesto:

«Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli sgridavano coloro che glieli presentavano. Gesù, veduto ciò, si indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano da me; non glielo vietate, perché il regno di Dio è per chi assomiglia a loro. In verità io vi dico che chiunque non avrà ricevuto il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà affatto».  E presili in braccio li benediceva ponendo le mani su di loro.» (Marco 10:13-16)

Ciò che permette ai bambini di entrare nel regno di Dio, secondo il racconto di Marco è il loro essere deboli ed indifesi.

I bambini in questa storia non sono andati da Gesù; furono portati a Gesù. La maggior parte di loro non poteva camminare, quindi dovevano essere trasportati. Alcuni non potevano nemmeno stare in piedi, quindi Gesù doveva tenerli in braccio.

Vedi?

Non si tratta del nostro diventare semplici, umili o senza astuzia ma di Gesù che desidera aiutare gli indifesi, è questo che ci permette di entrare nel suo regno.

Il problema però è che più passa il tempo e più ci sentiamo non deboli ed indifesi ma forti e sicuri di noi stessi. Come una calamita, siamo costantemente attratti da noi stessi e vogliamo fare qualcosa su di noi: la nostra volontà, la nostra decisione, i nostri sforzi, le nostre buone opere.

Siamo come il giovane ricco, che era sicuro di se stesso, anziché essere come Zaccheo che Dio ha aiutato.

“Aiutati che Dio ti aiuta.” Non è vero. Dio aiuta gli indifesi. Sicuramente vuole aiutare tutti, ma solo gli indifesi ricevono il suo aiuto.

Questa realtà ha probabilmente avuto l’impatto più profondo sulla mia crescita di cristiano.

Resta dove sei

Se sei stato debole ed hai gridato a Dio e lui ti ha accolto nel regno. Sei passato dall’essere indifeso all’aiutato.

E adesso?

Rimani in quel luogo di totale dipendenza. Non cambiare mai. Non fare nulla per te stesso. “Non crescere”.

Un giorno l’apostolo Paolo disse: «Per questo mi compiaccio in debolezze… perché quando sono debole, allora sono forte» (2 Cor 12,10).

Non ho mai sentito nessuno compiacersi delle proprie debolezze, eppure Paolo lo fece. Non stava dicendo che la malattia è una cosa buona o una benedizione segreta, perché non lo è. Ma quando siamo giù, il Signore può sollevarci.

Tendiamo sempre a non parlare dei nostri punti deboli probabilmente per una questione di vergogna. Forse perché c’è stato insegnato di essere coraggiosi e non mostrare mai le nostre fragilità perché alla fine solo i più forti vincono. E basta fare un giro sui social per vedere quanto la forza e la perfezione umana siano apprezzate.

Siamo sempre portati a postare foto “cool” dove facciamo vedere che va tutto bene. Perché la società ci impone questo, ma ricorda che se vogliamo vedere la potenza di Dio nelle nostre vite, non dobbiamo vergognarci delle nostre debolezze.

In questo mondo il successo è il risultato del duro lavoro e della perseveranza. Ma quel tipo di successo può solo portarti  lontano. Il vero successo, che dura nell’eternità, segue una strada diversa che solo i bambini deboli ed indifesi prendono.

Non guardare alla tua condizione

La vita è breve. I nostri giorni sono davvero contati (Gb 14:5). Quindi se il Signore ha impresso una chiamata su di te, falla. Non aspettare un momento migliore, finché non avrai più soldi, più saggezza o risolto alcuni problemi. Il domani non è una garanzia, quindi cammina con fede oggi nonostante la tua debolezza.

Naturalmente, non ti sto incoraggiando a fare qualche pazzia. Ma se senti che Dio ti ha chiesto di fare qualcosa, come trasferirti all’estero come missionario, fondare una chiesa, aprire un blog, scrivere un libro, predicare, avviare un’impresa che glorifichi Gesù, falla.

La vita è piena e frenetica ed è facile rinunciare alle cose importanti, ma ricordati che senza fede è impossibile piacere a Dio (Ebrei 11:6). Fai un salto per piacere a Lui e gioire te.

Posso dire che le avventure di fede a cui Dio mi ha chiamato in questi anni prima da solo e ora con mia mia moglie  sono state fonti di gioia e crescita che oggi riconosco come la sostanza della vita che conta .

Nel frattempo

Anagraficamente i 40 anni sono arrivati, ma di testa proprio no. Non me li sento o meglio non me li voglio sentire. Quindi non chiamarmi quarantenne, :)!

Dicono che la vita comincia a 40 anni… ma magari è solo un modo per consolarsi degli anni che passano. Chissà…

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