Ci concentriamo spesso sulle opere che i credenti dovrebbero fare, soprattutto i neo-convertiti. Vorremmo smettessero immediatamente di fumare, bere, dire le parolacce e che iniziassero subito a leggere la Bibbia, pregare e adoperarsi per la chiesa. Pensiamo che dopo aver creduto nel Signore Gesù tutti dovremmo immediatamente mostrare i frutti che attestano l’appartenenza a Lui. Per avvalorare questo molti usano la lettera di Giacomo e in particolare il capitolo 2 che incita a compiere le opere.
In questa terza ed ultima parte vedremo più da vicino il verso in cui l’apostolo Giacomo scrisse: “Dunque vedete che l’uomo è giustificato per opere e non per fede soltanto”(Gc 2:24). Avevamo già visto che la più grande opera fatta da Abramo non fu quella di aver sacrificato suo figlio Isacco ma di aver creduto nel Signore, “Egli credette al Signore, che gli contò questo come giustizia” (Gen. 15:6). Come ci eravamo arrivati? Lo stesso Gesù discutendo con dei Giudei disse: “Se voi foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo”(Gv 8:39) e l’episodio a cui faceva riferimento era proprio Genesi 15:6, lo stesso episodio citato da Giacomo al capitolo 2:23 “Abramo credette a Dio e gli fu accreditato con giustizia” e citato anche da Paolo nella lettera ai Romani 4:3, “Abramo fu considerato giusto quando credette.”
Giacomo, una lettera che parla di opere di fede
Perché Giacomo ha voluto specificare che Abramo compì l’opera di aver sacrificato Isacco? Poteva fermarsi direttamente al v. 23 quando scrisse: “Abramo è stato considerato giusto quando ha creduto”. Il motivo lo possiamo comprendere guardando ai destinatari della lettera.
Giacomo 1:1 “… alle dodici tribù d’Israele che sono disperse nel mondo: salute”
Questa lettera fu scritta ed indirizzata ad Ebrei, molti dei quali credenti. Perché questo è rilevante? Raccontare ad un Ebreo la storia d’Abramo che divenne giusto quando credette nel Signore è come raccontare ad un Italiano la storia di Cristoforo Colombo che scopri l’America. Questo per dire che gli Ebrei conoscevano la storia d’ Abramo come le loro tasche, probabilmente Giacomo ripresenta la storia per affrontare il problema dell’incredulità con la quale noi cristiani abbiamo molto spesso a che fare.
All’inizio della lettera, l’apostolo parte argomentando sulla fede che dovremmo usare, invece che sulle opere che dovremmo fare “…la prova della vostra fede produce costanza” (Gc 1:3); “Se qualcuno manca di saggezza durante la prova la chieda a Dio ma la chieda con fede”. (Gc 1:5-6)
Mi spiego meglio. In Genesi 15:5 abbiamo visto che Dio raccontò ad Abramo della discendenza che avrebbe avuto, dal figlio della promessa fino al redentore Gesù. Quando poi, 7 capitoli dopo Abramo si trovò nel mezzo della prova, sacrificare suo figlio Isacco, decise di praticare il dono della fede sulla base della promessa ricevuta da Dio.
Se non fosse partito quella mattina per sacrificare suo figlio, come avrebbe potuto manifestare ciò in cui aveva creduto e come avrebbe potuto vedere la potenza di Dio nella sua vita?
Possiamo quindi leggere il capitolo 2 di Giacomo più che come ad un richiamo a ciò che un cristiano deve o non deve fare,a come invece un cristiano deve usare la sua fede. Dio ce l’ha donata per una sola ragione: mostrare la Sua volontà e potenza su questa terra. Quando i credenti vivono con fede possono vedere il regno di Dio manifestarsi, quando non lo fanno, non vedranno nulla perché una fede che non viene usata è una fede di per se morta.
Il giusto vivrà per fede e non a parole
Nella teoria siamo tutti bravi: parlare delle cose di Dio negli incontri, scrivere e ascoltare buone prediche, organizzare eventi evangelistici, confrontarsi sulle questioni teologiche, ecc.. tutte cose onorevoli! Ma nella vita quotidiana la maggior parte di noi si trova ad affrontare malattie, debiti, debolezze, conflitti, crisi matrimoniali e chi più ne ha più ne metta, senza credere che Dio voglia costantemente risolvere queste difficoltà. Puntualmente lo lasciamo fuori dalle nostre case per andare a incontrarlo solo per qualche ora la Domenica mattina. Allora come dobbiamo usare la fede!? Prima di tutto impariamo a chiedere:
Se si manca di saggezza nella prova bisogna chiederla (Gc 1:6)
Se non abbiamo è perché non domandiamo (Gc 4:2)
Se qualcuno soffre deve chiedere aiuto a Dio (Gc 5:13)
Se qualcuno è ammalato deve chiedere guarigione (Gc 5:14)
Elia aveva chiesto che non piovesse e non piovve (Gc 5:17)
Il più delle volte non riceviamo risposta quando preghiamo perché non chiediamo. Pensiamo che sia nella volontà di Dio passare per certe sofferenze nascondendoci dietro la frase “Dio è sovrano“. Vivere cosi però è come mettere sul divano la fede che Dio ci ha donato anziché farla agire.
Spesso riduciamo la fede a questioni teologiche invece di pregare avendo la piena convinzione della bontà di Dio. Perché non stiamo vedendo miracoli? Perché non stiamo pregando per le cose di cui abbiamo bisogno, invece Giacomo in tutta la sua lettera elenca le cose che possiamo chiedere a Dio: guarigione, liberazione da sofferenze, saggezza e Dio che ci ama ce le donerà perché: “ogni cosa buona e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre, presso il quale non c’è variazione né ombra di mutamento”. (Gc 1,17)
Cosa significa Giacomo 2:24?
“L’uomo è giustificato per opere e non per fede soltanto” significa semplicemente questo: un credente non è solo uno che crede in Dio, ma uno che mostra la potenza di Dio attraverso le sue azioni.
Pensiamoci un attimo, cos’è che può rendere un credente diverso da un non credente? L’abbigliamento? Ci sono non credenti che vestiranno in modo più “consono” del tuo. Il linguaggio? Ci sono non credenti che diranno molte meno parolacce di te. L’aiutare il prossimo? Ci sono non credenti che aiuteranno il prossimo molto meglio di te! Allora la differenza tra un credente ed un non credente non è nelle opere umane ma nella fede che mostra la gloria di Dio.
Per esempio, se non crediamo che Dio guarisce i malati non saremo diversi dai nostri amici non credenti. Ma se crediamo che nel nome di Gesù c’è guarigione allora pregheremo per i malati. E’ li che faremo la differenza!! Certamente non sempre ci saranno guarigioni e non so dirti il perché ma questa non è una giustificazione per non pregare più per le guarigioni. Aldilà del risultato il mio dovere di cristiano è credere che Dio guarisce.
Parliamo ai nostri problemi di Gesù, preghiamo per i malati, sgridiamo i demoni nel suo nome, perché una fede che non viene usata è senza vita, impotente ed incompleta. È come un albero che non porta frutti. Ma se siamo convinti che Dio non muta e fa ciò che ha promesso, allora potremmo essere certi che qualcosa accadrà. Come Abramo che non indugiò ma quella mattina si alzò presto e se ne andò pienamente convinto che Dio sarebbe intervenuto, fu li che la sua fede venne vista da tutti!
Qual è dunque l’opera che dobbiamo fare? Quella preferita da Dio: credere nel suo figlio Gesù! E’ nella fede del Figlio che la nostra fede dimostrerà a chi apparteniamo, ad un Dio infinitamente buono e potente.